Burocrazia virus italiano 2020 num. 21
Con particolare riguardo alle previsioni del PGT del Comune di Milano
L’avv. Fabio Todarello, titolare dello Studio Legale Todarello & Partners, tra le più apprezzate Law Firm di diritto amministrativo e civile nel panorama nazionale, è un riconosciuto specialista del diritto amministrativo, con particolari competenze nel Real Estate e segnatamente nei settori dell’urbanistica, dell’edilizia e del diritto ambientale (bonifiche dei siti contaminati connesse alle operazioni di riqualificazione e di sviluppo immobiliare)
Colgo l’occasione dell’invito rivoltomi dagli amici di Assimpredil Ance di fornire un contributo per la rivista Dedalo, per analizzare, seppur sinteticamente, le diverse tipologie di titoli abilitativi (inclusi quelli convenzionati) conosciuti dal nostro ordinamento, al fine di metterne in luce le principali differenze; a tal fine, partirò dall’esame della legislazione nazionale e regionale per poi analizzare alcune peculiarità della normativa introdotta a livello comunale dal PGT di Milano, da poco entrato in vigore.
I principi fondamentali in materia di attività edilizia sono contenuti, a livello nazionale, nel D.P.R. n. 380/2001 (“TUE”). Tuttavia, le Regioni possono esercitare la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale; in Lombardia, l’art. 33 (come recentemente modificato dalla legge n. 18/2019) della legge regionale n. 12/2005, disciplina il regime giuridico degli interventi edilizi.
Ferma restando l’attività di edilizia libera di cui all’art. 6 del TUE (che può essere realizzata in assenza di titolo edilizio, purché nel rispetto delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché del codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) e le attività subordinate a mera comunicazione di inizio lavori asseverata di cui all’art. 6 bis del TUE (CILA), alla luce del vigente TUE e dell’art. 33 della L.R. n. 12/2005 i titoli edilizi possono così essere classificati:
a) segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’art. 22 del TUE (SCIA);
b) segnalazione certificata di inizio attività in alternativa al permesso di costruire ai sensi dell’art. 23 del TUE;
c) permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 del TUE;
d) permesso di costruire convenzionato ai sensi dell’art. 28 bis del TUE.
La Segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’art. 22 del TUE (SCIA)
La Segnalazione certificata di inizio attività è l’“attestazione” con cui un tecnico asseveratore autocertifica sotto la propria responsabilità il possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge o da altri atti amministrativi a contenuto generale, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali. Ai sensi dell’art. 22 D.P.R. 380/2001 sono realizzabili mediante SCIA gli interventi di manutenzione straordinaria e restauro e di risanamento conservativo che coinvolgono parti strutturali dell’immobile, nonché gli interventi di ristrutturazione edilizia “leggera”.
A differenze del permesso di costruire, la SCIA è un atto di natura privata: infatti, nella relativa struttura giuridica è il privato segnalante/asseveratore che garantisce di fronte alla Pubblica amministrazione ed ai terzi, la rispondenza al vero di quanto dichiarato; ciò significa che la conformità alla normativa generale e di settore dell’attività intrapresa è un fatto che si sviluppa nella sfera giuridica del privato che ne resta interamente responsabile.
A differenza della SCIA alternativa al permesso di costruire, la SCIA di cui all’art. 22 D.P.R. 380/2001 ha efficacia immediata, il che significa che le attività edilizie oggetto della segnalazione possono essere intraprese già dal momento della relativa presentazione all’Amministrazione competente. Poiché la SCIA consiste nella asseverazione di un tecnico e non in un atto amministrativo, resta fermo il potere inibitorio dell’Amministrazione comunale che può esercitarlo entro il trentesimo giorno dalla presentazione della segnalazione ogni qualvolta accerti la carenza dei requisiti e dei presupposti di legge.
L’esercizio del potere inibitorio da parte dell’amministrazione consiste nell’adozione di motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa.
Cosa diversa dal potere inibitorio è il potere di annullamento in autotutela che può essere esercitato, ai sensi della L. 241/90, entro (e non oltre) diciotto mesi dalla presentazione della SCIA ove l’Amministrazione, pur non avendo esercitato il potere inibitorio, ne riscontri vizi di legittimità.
Al riguardo va, tuttavia, segnalato che l’esercizio del potere di annullamento in autotutela presuppone, oltre all’illegittimità della SCIA, anche la sussistenza di un interesse pubblico all’annullamento diverso dal mero ripristino della legalità violata e richiede che si operi un bilanciamento fra gli interessi pubblici e privati coinvolti.
Inutile dire, a titolo di suggerimento, che stante la natura di atto privato – e non di atto amministrativo – della SCIA (sia quella ex art. 22 del TUE, sia quella alternativa al permesso di costruire), in presenza di interventi particolarmente complessi o che richiedono “interpretazioni” particolari o che si fondino, ad esempio, su mere circolari o FAQ comunali, pare preferibile optare per conseguire permessi di costruire ordinari, anche allo scopo, occorrendo, di poter agire nei confronti del Comune a titolo risarcitorio (ad esempio, in caso di annullamento dei titoli edilizi in esito ad un ricorso al TAR proposto da un controinteressato).
Resta da ricordare che la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) non costituisce un provvedimento tacito direttamente impugnabile, sicché il terzo che intende contestarne la legittimità deve sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e in caso di inerzia della amministrazione esperire esclusivamente l’azione avverso il silenzio.
Sul punto segnalo, in particolare, la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 45/2019 che ha stabilito alcuni importanti principi in ordine al bilanciamento tra le esigenze di tutela di coloro che presentano una SCIA e l’interesse dei terzi che vogliono contestare i lavori.
Secondo il Giudice Costituzionale il terzo potrà sollecitare l’esercizio dei poteri di verifica spettanti alla P.A. entro trenta giorni dalla presentazione della segnalazione, oppure entro diciotto mesi, qualora ricorrano ragioni di interesse pubblico; dopo l’inutile decorso di tali termini, il terzo potrà attivare i poteri di verifica dell’amministrazione solo in caso di dichiarazioni mendaci o false attestazione, oppure “sollecitare i poteri di vigilanza e repressivi di settore, spettanti all’amministrazione” e, infine, “agire in sede risarcitoria nei confronti della PA in caso di mancato esercizio del doveroso potere di verifica”, ferma restando, ovviamente, la possibilità di agire in sede civilistica al fine di ottenere il risarcimento del danno derivante da fatto illecito.
La Segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire
L’art. 23 del TUE ha introdotto la SCIA alternativa al Permesso di costruire per i seguenti interventi: - ristrutturazione “pesante” di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c); - nuova costruzione o ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, o da accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive; - nuova costruzione, qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.
A differenza della SCIA di cui all’art. 22, la SCIA alternativa al Permesso di costruire non ha efficacia immediata, ma solo dopo trenta giorni dalla sua presentazione.
Anche con tale segnalazione – che deve essere accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali – il tecnico asseveratore verifica e attesta la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati (e il non contrasto con quelli adottati) ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico- sanitarie.
Anche la SCIA alternativa al Permesso di costruire è soggetta sia al potere inibitorio della pubblica amministrazione (da esercitarsi entro il trentesimo giorno), sia al potere di annullamento in autotutela (da esercitarsi entro il termine diciotto mesi dalla sua presentazione).
Il Permesso di costruire
A differenza della SCIA, il permesso di costruire è a tutti gli effetti un provvedimento amministrativo che legittima gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
Fermi i casi in cui si possa ricorrere (per l’appunto, alternativamente) alla SCIA alternativa, sono subordinati a permesso di costruire i seguenti interventi edilizi previsti dall’art. 10 del Tue:
a) gli interventi di nuova costruzione;
b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
Le Regioni possono individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all’incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire.
Sebbene il procedimento per ottenere dalle amministrazioni comunali il rilascio di un permesso di costruire possa durare (in una amministrazione come quella milanese) circa un anno, è altrettanto vero che il permesso di costruire è, a tutti gli effetti, un atto amministrativo rilasciato dallo Sportello Unico per l’edilizia sulla base di una istruttoria tecnica e previo conseguimento di ogni necessario parere.
Ecco perché, come anticipato prima, a fronte di interventi edilizi di una certa complessità e soprattutto nei casi di difficile interpretazione delle non sempre chiare norme del PGT, il permesso di costruire pare costituire lo strumento più idoneo a fornire all’operatore maggior certezza rispetto ad una Scia alternativa al permesso di costruire la quale resta, invece, pur sempre, una mera asseverazione operata da un tecnico certificatore.
Il permesso di costruire convenzionato
Il Permesso di costruire convenzionato è disciplinato dall’art. 28-bis del D.P.R. 380/2001, richiamato, a livello regionale lombardo, dall’art. 14, comma 1 bis, della legge regionale n. 12/2005. Il permesso di costruire convenzionato è uno strumento alternativo al piano attuativo, a cui si può fare ricorso ogni qualvolta le esigenze di urbanizzazione possono essere soddisfatte con una modalità semplificata. Si tratta di un permesso di costruire che viene rilasciato a seguito della sottoscrizione di una convenzione urbanistica il cui testo, secondo la legislazione della Regione Lombardia, viene approvato dalla giunta comunale. La convenzione urbanistica del permesso convenzionato disciplina:
a) la cessione di aree anche al fine dell’utilizzo di diritti edificatori;
b) la realizza zione di opere di urbanizzazione;
c) le caratteristiche morfologiche degli interventi;
d) la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale.
La convenzione può prevedere anche l’attuazione per stralci funzionali e, in tal caso, il termine di validità del permesso di costruire convenzionato può essere modulato in relazione agli stralci funzionali. Ricordo che a livello di disciplina legislativa regionale il permesso di costruire convenzionato non è ammesso all’interno del tessuto urbano consolidato nel caso in cui si realizzino interventi su lotti liberi.
Il diverso permesso di costruire convenzionato previsto dal PGT del Comune di Milano.
Una forma diversa di permesso di costruire convenzionato è quella prevista dal PGT del Comune di Milano.
Si tratta di un titolo edilizio diretto accompagnato dalla sottoscrizione di una convenzione o di un atto d’obbligo da parte dell’operatore: sia lo schema di convenzione che di atto d’obbligo sono previamente approvati dal Dirigente del Settore e non dalla Giunta Comunale.
Il PGT di Milano prescrive il ricorso al permesso di costruire convenzionato nei casi in cui l’intervento edilizio preveda:
a) l’inserimento di quote di ERS;
b) il trasferimento di diritti edificatori;
c) la cessione di aree, anche a pertinenza indiretta;
d) la realizzazione di opere di urbanizzazione o il conferimento di dotazioni territoriali per servizi; e) nonché ove si realizzino interventi che superano l’Indice di edificabilità Fondiario di 7 mc/mq.
Sempre secondo il PGT di Milano, inoltre, il permesso di costruire convenzionato può essere richiesto anche in caso di interventi realizzati su aree aventi una Superficie Territoriale maggiore di 20.000 mq, a condizione che l’intervento edilizio non richieda la realizzazione di interventi di riassetto urbano o una previsione di significative nuove dotazioni urbanistiche: solo in tale ultimo caso, infatti, è richiesta l’approvazione di un Piano Attuativo.
Lo strumento del permesso di costruire convenzionato previsto dal PGT del Comune di Milano, dunque, laddove sia davvero possibile ricorrervi, costituisce certamente una valida ed efficace alternativa all’approvazione di un piano attuativo. In particolare, esso può essere un valido strumento cui ricorrere allorquando ci si voglia avvalere della possibilità (specificata dalla legge regionale n. 18/2019 in conformità a quanto già prevedeva il D.P.R. n. 380/2001) di scomputare dagli oneri di urbanizzazione secondaria gli interventi di bonifica o di messa in sicurezza permanente, nonché gli interventi di gestione sostenibile delle acque meteoriche.
Avv. Fabio Todarello, Studio legale Todarello & Partners